Sagra dell'impanata

L’Impanata

L’Impanata Il piatto tipico della tradizione castellanese

Dell’antichità di questo piatto dice tutto il nome: Incapriata o ‘Ncapriata dal tardo latino e bizantino Caporidia, derivante a sua volta dal greco antico Kapyridia, polenta di farinacei, parrebbe, secondo alcuni, che questo sia il primo piatto, nel vero senso della parola, cucinato dall’uomo, dopo le varie abbrustoliture, accidentali o volute, che avevano cominciato a rendere più commestibili e digeribili i cibi provenienti dalla raccolta direttamente in natura.

La variante castellanese, nota più comunemente come Impanata (mbanâte nel dialetto locale), prevede che fave vengano cotte e passate, rigorosamente mescolate con cicorie e pezzetti di pane raffermo.

La Sagra

La sig.ra Concetta Sgobba intervistata da Pino Recchia durante la sagra dell’impanata 2016

Nel lontano 1978, la sig.ra Concetta Sgobba insieme al presidente della pro loco di quei tempi, sig. Luigi Saponari, dettero il via alla prima sagra dell’impanata. La location incantevole scelta in

quei tempi fu la chiesetta di San Nicola sulla collinetta di Genna. L’evento ebbe gran successo già dalle prime edizioni poichè riuscì ad attirare l’attenzione di turisti, paesani ma soprattutto cittadini dei paesi limitrofi (tanto da Bari e Taranto).
La sig.ra Concetta ci confida le sue grandi imprese culinarie di quelle sere citando alcuni numeri: 40 kg di cicorie, 20 kg di fave e altrettanto di pane, 40 kg di cipolle rosse e poi cornaletti, polpette di pane, melanzane ripiene… insomma quantitativi impressionanti per quei tempi.
Dopo 6-7 anni di fiorenti edizioni la sagra fu spostata alla pineta delle grotte di Castellana, ma da li però dopo qualche anno la sagra si spense.
Nel 2016 la sagra dell’impanata torna con Castellana Conviene nel centro storico di Castellana Grotte, riportando agli onori della cronaca questo nobile e antico piatto e la forza e la passione di questa formidabile donna di altri tempi: nonna Concetta – la regina dell’impanata.

Ma che cos’è questa ”mbanâte”?
Ci siamo mai resi conto del valore nutritivo degli alimenti che costituiscono questo piatto? Perché è stato il piatto quasi quotidiano, per tanti anni, sulla mensa dei nostri padri? La risposta è semplice: perchè è costituita da un miscuglio di sostanze alimentari che si integrano a vicenda e formano un unico alimento completo. Completo perché contiene tutti i principi alimentari organici e inorganici: protidi, glicidi, lipidi, sali minerali e vitamine. Questo piatto è costituito da fave, verdura, pane, olio e sale. Se lo analizziamo bene, infatti, ci rendiamo conto che non è affatto un piatto volgare, non è un miscuglio di sostanze alimentari messe insieme a caso. Ma, anche se I nostri nonni non se ne rendevano conto, costituisce un alimento completo preparato razionalmente.

da ”A mbanâte” di Donato Taccone

Preparazione dell’Impanata

Riveliamo la ricetta ufficiale dell’impanata registrata con marchio De.C.O (Denominazione Comunale di Origine) al comune di Castellana Grotte.

  • 2 kg di cicorie selvatiche (sivoni)
  • 500 gr di purea di fave bianche decorticate
  • 500 gr di pane raffermo a pezzi
  • 1 patata
  • 250 gr di olio extra vergine di oliva
  • Sale q.b.

Nella tradizione popolare contadina le fave venivano bollite per 4-5 ore a fuoco lento nella tipica pignata di creta con una patata e sale q.b.
L’acqua non doveva superare il collo rigato della pignata per evitare fuoriuscite durante la cottura. Le verdure si cuocevano in grandi pentoloni sempre sui braceri e si versavano in ampie bacinelle dove si versavano i pezzetti di pane casereccio raffermo.
Finita la cottura delle fave si montava la purea di fave con la “cucchiaia di legno” aggiungendo l’olio e.v.o.
La purea cosi amalgamata si aggiungeva ancora calda alle verdure e al pane ”impanando” il tutto. Insieme a questo formidabile piatto unico si mangiavano i cornaletti fritti, l’insalata di cipolle rosse, le polpettine di pane, le olive fritte, le olive in salamoia…

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